Brand 3.0

La marca come modo di essere

Per sopravvivere ai cambiamenti, i brand devono evolvere verso uno stadio di sviluppo coerente con il modo di fare business oggi.

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Per sopravvivere ai cambiamenti, i brand devono evolvere verso uno stadio di sviluppo coerente con il modo di fare business oggi. Non possono limitarsi a identificare una proprietà o a configurarsi come un sigillo di garanzia, devono piuttosto rappresentare un modo di essere, dotandosi di una personalità autonoma, svincolata dal prodotto e capace di presidiare la sfera inconscia ed emotiva.

 

Perché i brand sono importanti per il business? E soprattutto, come deve essere una marca oggi? “Nonostante i forti cambiamenti in atto - spiega Gaetano Grizzanti, direttore di Brand-Identikit - il brand, all’interno del sistema aziendale, continua a essere considerato solo negli ambiti del marketing e della comunicazione”. Si tratta di errore o quantomeno di una visione strategica anacronistica. Il brand, precisa Grizzanti, dovrebbe coinvolgere soprattutto l’area finanziaria e gli ideatori della proposta commerciale, perché oggi deve essere contemplato come il primo vero prodotto da vendere.

Al pari della psicanalisi o della psicologia, anch’esse spesso considerate ‘deboli’ dal punto di vista scientifico, il branding si configura come una disciplina specifica fondata sull’inconscio. “È infatti proprio il lato irrazionale
della menta umana - spiega il Direttore - che ci fa prendere le stragrande maggioranza delle nostre decisioni; ma, dopo aver effettuato la scelta, abbiamo inconsciamente bisogno di motivarla con ragionamenti logici consapevoli. Da alcune ricerche sulla Risonanza Magnetica Funzionale (Fmri - Functional Magnetic Resonance Imaging, ndr), emerge che il 90% delle decisioni sono irrazionali e non del tutto consapevoli”. In virtù di questo processo possiamo arrivare a confermare a noi stessi la bontà di un determinato acquisto, ritenendo migliore quel prodotto o servizio, rispetto a un altro, anche se in realtà non lo è.

evoluzione brand 3.0

I brand "primitivi" esprimono una scarsa personalità e tendono a descrivere l’attività merceologica di ciò che marcano o un plus funzionale del prodotto. Al contrario, i brand oggi devono identificare un modo di essere, presidiando un "territorio mentale" in modo emozionale.

L’errore di fondo, in questo caso, consiste nel legare più del dovuto il prodotto e l’azienda al brand. “Una norma del branding - aggiunge Grizzanti - è quindi che il prodotto e l’azienda non devono essere, apparentemente o razionalmente, direttamente proporzionali alla marca. È questo l’aspetto più difficile da comprendere da parte delle aziende. Difficile perché si tratta di un cambiamento della cultura d’impresa, oppure perché parliamo di un asset complicato da quantificare finanziariamente”.

 

Qual è dunque il compito di un brand? “Nessuna azienda - spiega il professore - attribuisce una funzione operativa al brand, che dovrebbe invece essere visto come una risorsa come qualsiasi altro asset. Il brand va considerato come un collaboratore o un partner, gli deve essere affidato un ruolo e un set di compiti, proprio come alle persone. Ma il compito del brand non può e non deve essere quello che si affida a una risorsa umana, né quello assunto dal prodotto o dal marketing. Né tantomeno può essere solo quello di identificare e rendere riconoscibile l’emittente rappresentato, considerate ormai funzioni intrinseche. Senza contare che, automaticamente, anche quando al brand non si attribuisce in modo ponderato un compito, esso, per sua natura, fa sempre il suo corso, occupando in modo inesorabile uno spazio preciso nella mente del pubblico. In questo caso, però, senza nessun controllo da parte del detentore. Pertanto, definire il compito funzionale del brand è una necessitàimprescindibile e non una mera opzione”.

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Per distinguersi dai competitor, la marca deve incarnare un ideale, presidiando la sfera inconscia ed emotiva delle persone, evolvendo in un Brand 3.0

Per rendere l’idea dello stadio evolutivo dei brand, Grizzanti spiega come le funzioni dei primi brand fossero quelle identificare e rendere riconoscibile la proprietà e di descrivere l’attività merceologica di ciò che rappresentano. Oggi questo non basta, è necessario anche evocare un modo di essere. Un brand, per sopravvivere ai cambiamenti del mercato e dei consumi, deve dotarsi di una personalità autonoma, svincolandosi paradossalmente dal prodotto, dalle tendenze, dai valori aziendali e dai fenomeni sociali. “Per distinguersi dai competitor - spiega Grizzanti - il brand deve quindi incarnare un ideale, presidiando la sfera inconscia ed emotivadelle persone. Questo perché un brand fa parte della vita di un individuo, come un amico che la pensa allo stesso modo, anche se non su ogni cosa”. 

Arriviamo così a quelli che Grizzanti definisce i paradigmi del brand moderno, classificandolo in tre livelli: il Brand 1.0 / Status indica l’appartenenza a uno stile di vita subordinato al prodotto; il Brand 2.0 / Senso ha a che vedere con l’emozione derivata dal benefit d’uso del prodotto; il Brand 3.0 / Sintonia rappresenta il legame stimolato da un ideale umano slegato dal prodotto.“Ancora oggi - spiega Grizzanti - esistono brand che soddisfano solo il livello base del suo essere, quello dello Status. In questi casi è difficile separare la marca dal prodotto, che si sovrappongono perfettamente: il prodotto è di lusso, quindi il brand è esclusivo. Poi ci sono i brand più evoluti che hanno compreso l’opportunità di occupare il mondo delle sensazioni: si può essere esclusivi anche se il prodotto non è costoso. In questi casi è difficile individuare sensazioni non derivate dalle caratteristiche del prodotto. È infatti complicato ottenere una unicità di marca quando, per esempio, si punta sul profumo di un detersivo per pavimenti, o sul piacere di guidare un’automobile, perché si rischia che brand concorrenti vengano confusi tra loro, generando vantaggi per i competitor.

autonomiabrand

I brand, per sopravvivere ai cambiamenti del mercato, devono dotarsi di una personalità autonoma, svincolandosi dal prodotto, dalle tendenze, dai valori aziendali e dai fenomeni sociali.

L’unica possibilità, quindi, è scegliere un aspetto emozionale e inerente alla natura umana, perché applicabile globalmente e indipendente dalle variabili sociali e culturali. Significa rendere il brand un mezzo per divulgare un credo che possa coinvolgere la maggior parte del target, creando una sintonia di pensiero, senza per questo essere vittima di una proposta commerciale. Essere coerenti a un ‘credo di marca’ scollegato dal prodotto/azienda non allontana dagli obiettivi di business. Consente, invece, di individuare un proprio ruolo nella società, entrando nella vita reale delle persone che poi assoceranno positivamente il brand a ciò che propone. Questo non solo per fiducia e qualità, ma per affinità interiore”.