Personal Branding

La persona che si trasforma in marca

Quando si pensa a un individuo come se fosse un brand, si costituisce l’essenza da cui nasce il concetto di “personal branding”, cioè di branding di una persona

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Quando si pensa a un individuo come se fosse un brand, si costituisce l’essenza da cui nasce il concetto di “personal branding”,cioè di branding di una persona. Ci riferiamo, prima che alla vendita di se stessi, a un aspetto legato alla strategica definizione di come si vuole proporre noi stessi in un determinato mercato o contesto sociale, alla stessa maniera dei marchi commerciali. Come sappiamo, il brand è un’entità immateriale che consente

sia la differenziazione di un’azienda e di un prodotto o servizio rispetto alla concorrenza, sia l’attribuzione di determinate virtù che

ne distiguono valori e qualità. Si dice spesso che – per comprendere meglio il significato di brand – una marca può essere equiparata a un essere umano, con una propria personalità e identità. Se quest’ultima pare oramai un’astrazione assimilata e condivisa; proviamo invece a invertire i fattori, paragonando una persona a un brand. Certo, qualcuno potrebbe rabbrividire nell’associare un brand a un essere umano, ma in verità – rispetto all’accezione che diamo al brand – ciò di cui stiamo parlando è del tutto naturale.

È un processo che avviene in modo spontaneo quando il nostro cervello crea l’idea di una persona, specialmente quando la incontra per la prima volta. Psicologicamente è un’elaborazione mentale istintiva e irrazionale che sfugge totalmente al nostro controllo. Dunque, quando vi è la necessità di veicolare inequivocabilmente ciò che siamo o ciò che sappiamo fare, diventa importante non lasciare nulla al caso o, peggio, affidare totalmente la nostra immagine all’inconscio di un interlocutore.

Vi sono ambiti in cui la tecnica del personal branding dovrebbe essere scontata, come nel mondo dello show-business. Un attore, un cantante, un anchorman o un presentatore, sono figure professionali che s’inseriscono all’interno di un palinsesto, dove la Produzione pianifica budget, target, posizionamento e ritorno degli investimenti. Prendiamo, per esempio, Marilyn Monroe, l’icona per antonomasia della bellezza e della sensualità: questa è la sua immagine – diffusa, inossidabile e probabilmente intramontabile – tale da eleggerla a brand mondiale della sensualità femminile.

Questa idea è così radicata nella mente di tutti che, quando citiamo il nome di Marilyn, nessuno in prima istanza pensa a lei come una donna sofferente e suicida. La componente umana passa in secondo piano rispetto alla sua immagine proiettata, trasformando – in questo caso possiamo dire tragicamente – una persona in un brand.

Marilyn Monroe

Marilyn Monroe, una persona diventata brand nell’immaginario collettivo. Quest’anno ricorre il cinquantesimo della sua morte (1962-2012)

Rimanendo sempre in questo settore, proponiamo un esempio nostrano e facciamo un confronto tra Valeria Marini e Alba Parietti, personaggi noti nei recenti trascorsi della televisione italiana. L’immagine di marca della Marini appare chiara: ricalcando l’icona storica della Monroe ha sfruttato un immaginario collettivo acquisito, costruendo un prodotto semplice ma unico nel nostro Paese.

Quando un produttore italiano, in un determinato spettacolo, aveva bisogno di una figura femminile tipo femme fatale, la prima vamp a cui pensava era Valeria Marini. Da questo punto di vista non è rilevante conoscere la vera personalità della donna, bensì il personaggio che lei ha pedissequamente reiterato.

Valeria Marini

Valeria Marini ha ricalcato l'icona storica di Marilyn Monroe

La Parietti, invece, nel tentativo costante di mostrare le proprie qualità e la sua duttilità artistica, è stata interprete dei ruoli più diversi: soubrette, ballerina, cantante, attrice, esperta di calcio, presentatrice e opinionista. Ha voluto mostrare anche le sue doti intellettuali, ma il risultato – sempre dal punto di vista del branding – è stato quello di non presidiare un preciso posizionamento di marca e quindi di non rendere facile la sua collocazione all’interno di un prodotto.

 

Ci saranno sicuramente delle eccezioni, ma nel mondo della televisione potremmo citare numerosi esempi di “personal brand”, di professionisti cioè che hanno o non hanno costruito – intenzionalmente o indirettamente – un percepito distintivo di loro stessi. Ma non è necessario essere un personaggio pubblico per attingere dalla disciplina del personal branding allo scopo di sviluppare una propria strategia di affermazione professionale.

Anzi, proprio perché non si è famosi e non si hanno i media a nostra disposizione, potrebbe tornare utile considerare di trasformare se stessi in un brand.