Differenziarsi dalla concorrenza

Il marchio e la sua registrazione

Il marchio, come noto, è il segno che consente di distinguere una impresa da un’altra impresa, ovvero i prodotti e/o i servizi realizzati e/o prestati da una impresa da quelli delle altre imprese concorrenti.

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Il marchio, come noto, è il segno che consente di distinguere una impresa da un’altra impresa, ovvero i prodotti e/o i servizi realizzati e/o prestati da una impresa da quelli delle altre imprese concorrenti.

L’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale precisa che “possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.

Il marchio ha, quindi, funzione distintiva, di provenienza dei prodotti e servizi, nonché di garanzia e di uniformità di qualità.
Consentendo alle imprese di differenziarsi e, quindi, di differenziare i propri prodotti da quelli della concorrenza, i marchi svolgono un ruolo centrale nelle strategie di marketing e promozione del nome dell’impresa, contribuendo così all’affermazione dell’immagine e della reputazione dei prodotti verso i consumatori.

Attraverso tale processo di distinzione l’impresa riesce, quindi, a costruire un rapporto di fiducia con i propri clienti.
I consumatori attribuiscono, infatti, un merito ed un riconoscimento ai marchi, alla loro reputazione, alla loro immagine ed alla qualità dei prodotti ad essi associati ed è per questo che l’essere titolare di un marchio che gode di una buona reputazione presso il consumatore attribuisce ad una impresa un notevole vantaggio rispetto ai concorrenti.

La principale funzione del marchio è, dunque, quella di permettere ai consumatori di identificare un prodotto - sia esso un bene o un servizio - di una determinata impresa, in modo da distinguerlo da prodotti simili o identici forniti da imprese concorrenti.
Ancora, i marchi forniscono alle imprese un incentivo ad investire nel mantenimento e nel miglioramento della qualità dei prodotti stessi, poiché è vitale per il successo delle  imprese medesime che i prodotti contrassegnati da un certo marchio mantengano nel tempo una immagine positiva, atta a promuovere la produzione e la vendita del bene nel settore merceologico di riferimento.
Ciò posto, appare chiaro come un marchio scelto e costruito con cura possa avere un considerevole valore commerciale per ogni impresa e, per molte di esse, possa addirittura costituire il bene di maggior valore.

Ebbene, mentre la maggior parte delle imprese è consapevole della importanza di ricorrere ai marchi per differenziare i propri prodotti da quelli dei concorrenti, non tutte, però, comprendono l’importanza di proteggere i marchi attraverso la loro registrazione.
Un marchio registrato, infatti, ha il pregio di attribuire al soggetto che ne ha chiesto, appunto, la registrazione, il diritto esclusivo di impedire l’utilizzazione dello stesso marchio o di un marchio simile a quello registrato nella commercializzazione di prodotti identici o simili da parte di altre imprese.
Il titolare di un marchio registrato può, infatti, vietare ai terzi l’uso di un segno identico al proprio marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato; può, altresì, vietare l’uso di un segno identico o simile al proprio marchio registrato per prodotti o servizi identici o affini; può, inoltre, vietare ai terzi l’uso di un segno identico o simile al proprio marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini se, nello Stato di riferimento, il marchio gode di rinomanza; può, similmente, vietare l’uso del segno se detto uso consente ai terzi di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del proprio marchio.

Ma procediamo con ordine, analizzando il dato normativo di riferimento.
L’art. 19 del Codice della Proprietà Industriale precisa che: “può ottenere una registrazione per marchio d’impresa chi lo utilizzi o si proponga di utilizzarlo nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso”.

Ebbene, la protezione di un marchio può essere ottenuta attraverso la registrazione o anche solo attraverso l’uso; tuttavia la registrazione offre una maggiore protezione, soprattutto in caso di conflitto.
Affinché un marchio possa essere suscettibile di registrazione, a pena di nullità, deve essere, oltre che “vero” e “lecito”, anche “nuovo” ed “originale”.
Il concetto di originalità è legato alla capacità distintiva del marchio, ovverosia alla forza individualizzante tipica del segno distintivo: a seconda che la capacità distintiva sia più o meno spiccata, si parlerà di marchi “forti” o di marchi “deboli”.
Il requisito della capacità distintiva è essenziale per l’esistenza di un marchio e, di conseguenza, non potranno essere registrati come marchi i segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche dei prodotti o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, l’epoca di fabbricazione del prodotto o la prestazione del servizio.
Più il marchio è latamente descrittivo del prodotto che contraddistingue, maggiore è la sua debolezza; di guisa, l’eccessiva valenza descrittiva del marchio rispetto al prodotto a cui è associato può comportare la nullità della registrazione.

L’art. 12 del Codice della Proprietà Industriale stabilisce, infatti, che “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che alla data del deposito della domanda: a) siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione tra i due segni […]”.

Nella definizione casistica, sono definiti “forti”, invece, i segni carenti di qualsiasi aderenza concettuale o nesso logico con i prodotti o servizi contraddistinti.
Al fine di evitare la contraffazione del marchio forte, sono necessarie modifiche notevoli e sostanziali da parte del titolare del marchio successivo, tali da non determinare confusione con il c.d. “nucleo ideologico” del marchio forte.
Marchi forti per eccellenza sono quelli di pura fantasia che non hanno alcun legame con il prodotto che contraddistinguono.
Altro elemento fondamentale e legittimante risulta essere la novità: il marchio, oltre ad avere la capacità distintiva, deve essere nuovo.
Tranne nei casi di identità fra segni e prodotti e/o servizi, in cui il difetto di novità è pacificamente considerato in re ipsa, i più frequenti casi di contenzioso riguardano marchi simili o concernono segni simili fra loro che servono a contraddistinguere prodotti identici o affini.

Per accertare la similitudine, occorre verificare se tra i segni in comparazione possa esservi o meno un rischio di confusione e/o un rischio di associazione.
Orbene, le ipotesi in cui tali rischi si possono verificare sono le seguenti: identità fra i segni e somiglianza fra i prodotti; somiglianza fra i segni ed identità fra i prodotti; somiglianza tanto fra i segni che fra i prodotti.
Il rischio di confusione/associazione esisterà, pertanto, in tutti quei casi in cui il consumatore non potrà distinguere la diversa origine imprenditoriale dei beni e/o dei servizi che si presentano come identificati dallo stesso segno o da segni simili, essendo portato a considerare i prodotti e/o servizi come provenienti dalla stessa impresa.

La forza di un marchio può, però, essere acquisita anche successivamente alla sua registrazione. 
Un marchio originariamente debole può, a seguito di un suo uso intenso e di una vasta pubblicità, acquistare forza distintiva.
Si parla, in tale ipotesi, di secondary meaning, ovverosia  del “secondo significato” che acquista il segno distintivo inizialmente debole: tale figura, di origine anglosassone, consiste nell’acquisizione della istintività nel tempo sulla base dell’uso di un segno, anche se originariamente sprovvisto di capacità distintiva per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità.

L’istituto è stato codificato nel nostro ordinamento giuridico nella Legge sui Marchi e successivamente trasfuso nell’art. 13, II e III comma, del Codice della Proprietà Indistriale, dove si legge che: “ 1. possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell’uso che ne sia stato fatto, abbiano acquistato carattere distintivo; 2. Il marchio non può essere dichiarato o considerato nullo se prima della proposizione della domanda o dell’eccezione di nullità, il segno che ne forma oggetto, a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ha acquistato carattere distintivo”.

Esistono, tuttavia, delle categorie di segni che, in generale, non sono registrabili come marchi: in tali casi si parla di c.d. “impedimenti assoluti” e la domanda di registrazione sarà, pertanto, rifiutata qualora la stessa presenti:

1) termini generici: l’art. 13, I comma, del Codice della Proprietà Industriale statuisce che: “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare: a) quelli che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; b) quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi […]”;

2) termini descrittivi: ancora, l’art. 13, I comma, del Codice della Proprietà Industriale prevede che “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare: b) quelli costituiti esclusivamente […] o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio”;

3) marchi decettivi: l’art. 14 del Codice della Proprietà Industriale sancisce che “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa: a) i segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume; b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi”.

In tema, come ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di tutela del marchio, l’accertamento sulla confondibilità dei segni, in caso di affinità dei prodotti, non deve essere compiuto in via analitica, attraverso la separata considerazione dei singoli elementi di valutazione, ma, al contrario, in via globale e sintetica, con riguardo all’insieme degli elementi grafici e visivi complessivamente dotati di efficacia  individualizzante e senza omettere l’esame relativo alla natura “forte” o “debole” del machio esaminato.
Giova, parimenti, precisare sul punto che l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi effettua un controllo sui soli “impedimenti assoluti” alla registrazione, mentre non accerta i c.d. “impedimenti relativi”, vale a dire i possibili conflitti con segni distintivi anteriori, identici o simili a quello depositato.

Prima di presentare una domanda per la registrazione sarà opportuno, quindi, se non necessario, eseguire una c.d. “ricerca di anteriorità” - personalmente o a mezzo di un consulente in proprietà industriale - e ciò al fine di avere contezza che il marchio che si ha intenzione di registrare sia nuovo e non sia, quindi, già stato registrato da un’altra impresa per prodotti identici o simili.
In tali casi, la ricerca sarà effettuata attraverso una banca dati, ma avrà comunque un mero valore orientativo, non essendo sempre facile capire se il marchio scelto possa o meno essere giudicato simile ad un marchio già precedentemente registrato da altra impresa.
Eseguita la registrazione, la durata della protezione del marchio sarà pari a numero 10 anni dalla data del deposito, ma la stessa potrà essere rinnovata attraverso il pagamento di una tassa di rinnovo.
Se, tuttavia, il marchio registrato non è utilizzato dal titolare, o da un avente causa autorizzato, per numero 5 anni consecutivi dalla data di registrazione, il marchio stesso decade, salvo ipotesi particolari.

Stabilisce, infatti, l’art. 24 del Codice della Proprietà Industriale che: “a pena di decadenza il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, entro 5 anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di 5 anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo”.
L’onere di provare la decadenza è, comunque, a carico dei terzi interessati.
Ciò posto, per completezza, appare opportuno, anche in questa sede, chiarire che i diritti derivanti dal deposito del marchio in Italia sono validi esclusivamente sul territorio nazionale.

La decisione di registrare o non registrare un marchio all’estero può rispondere alla stessa logica di quella per cui si decide di registrarlo in Italia: la commercializzazione dei prodotti.
I modi per farlo sono essenzialmente tre:

 

- attraverso una serie di registrazioni nazionali, presentando la domanda all’ufficio nazionale marchi del paese di riferimento, seguendo la procedura prevista da ogni singolo ufficio nazionale, nella lingua prescritta e pagando le relative tasse;

 

- attraverso una registrazione di marchio comunitario, presentando la domanda presso l’Ufficio per l’armonizzazione del Mercato Interno (UAMI), con sede in Spagna, ad Alicante, ed ottenendo così la protezione del marchio su tutto il territorio dell’Unione Europea;

 

- attraverso la via internazionale, presentando la domanda attraverso una procedura unica di registrazione amministrata dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) e ottenendo, così, la registrazione e la protezione del marchio nei 70 paesi aderenti all’Unione di Madrid (il sistema si basa sulla cooperazione tra gli Uffici Nazionali dei Paesi Contraenti , degli Uffici di Origine, e dell’Ufficio Internazionale che detiene il registro internazionale dei marchi, ed offre il vantaggio di presentare un’unica domanda internazionale, in un’unica lingua, e pagando un’unica serie di tasse del paese nel quale viene presentata).