PACKAGING & BRANDING

La confezione di prodotto come veicolo della marca

Storicamente parlando (dal Dopoguerra in avanti, per l’Europa, e dagli anni ’30 per gli Stati Uniti), dopo l’affermazione dell’advertising nasce la disciplina del Packaging, visto non più solo come involucro o contenitore di servizio, bensì come il mezzo preposto a dare una personalità a un prodotto.

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PACKAGING

Storicamente parlando (dal Dopoguerra in avanti, per l’Europa, e dagli anni ’30 per gli Stati Uniti), dopo l’affermazione dell’advertisingnasce la disciplina del Packaging, visto non più solo come involucro o contenitore di servizio, bensì come il mezzo preposto a dare una personalità a un prodotto. Uno spot all’interno di Carosello comunicava l’esistenza di una determinata offerta, stimolandone l’acquisto ma, negli anni – con l’avvento della concorrenza – cresceva la necessità di far spiccare la confezione sullo scaffale del supermercato.

Se la pubblicità è definita da sempre “l’anima del commercio”, potremmo dunque dire che il packaging è l’anima del prodotto. Un’anima che deve far emergere oltre ciò che contiene consentendo la valorizzazione di una proposta in mezzo a tante altre in esposizione. 
Ai giorni nostri il pack diviene ancor più importante per rendere appetibile un oggetto, anche se non si tratta di un alimento, perché è un media stoicamente “muto” e statico. Uno spazio senza audio, né video né pulsanti da cliccare, simile a una voce senza suono o a un richiamo silenzioso. Questo è il packaging, uno strumento di comunicazione che deve usare altri stratagemmi per raggiungere i propri obiettivi.

 

Ma quali dovrebbero essere i suoi reali obiettivi? Tralasciando quelli che ormai sono ritenuti primitivi, cioè assolvere a delle funzioni basilari intrinseche (contenitive, strutturali e informative), oggi il packaging deve considerare i cambiamenti in atto legati all’attuale involuzione del prodotto, relegato a un accessorio commerciale. Pertanto, se il prodotto non può più essere il fattore critico di successo per un’azienda (crisi, mercati emergenti, guerra ai prezzi), è inutile pensare che il packaging possa sostituirlo. Il rischio è che ne diventi solo un surrogato, per di più dallo spirito effimero.

packaging

Alcuni packaging che trasmettono l’anima della marca oltre al prodotto.

Negli ultimi anni abbiamo visto come il design abbia cercato di sopperire ai limiti di qualsiasi offerta merceologica, confusa tra i competitor e le congiunture negative. Un periodo di gloria per il design, certamente, con punte di eccellenza da – come si dice al cospetto della bellezza – mozzare il fiato, sviluppatosi sia sul packaging sia sul prodotto stesso. Il “buon design” però non basta, è divenuto un prerequisito, ma non più sufficiente per attribuire un valore differenziante a un prodotto. Senza contare che la qualità del design è una prerogativa ormai diffusa in tutto il mondo, diversamente da un tempo, quando era appannaggio degli italiani o di pochi altri.

Insomma, il fatto che una confezione debba essere esteticamente piacevole o ammiccante è, per il marketing moderno, una pratica da espletare in un processo ingegnerizzato da tempo. Ciò che invece dovrebbe fare il packaging è di fungere da veicolo di trasmissione della personalità della marca, non preoccupandosi di spiegare il prodotto e di comunicarne benefit.

Per molte aziende, il packaging è l’unica possibilità per comunicare, col rischio di annegare il prodotto in un bazar di informazioni, per cercare di convincere il consumatore. Bisogna non credere più che il nostro prodotto sia migliore degli altri, e concentrarsi su come il brand debba sostituire il prodotto stesso. Perché è solo grazie al brand che possiamo diventare coinvolgenti e non solo convincenti.

strategia

I fattori guida per sviluppare una strategia di packaging orientata ad affermare un brand.