Comunicare in tempi di crisi: si parte sempre dal brand

In un'intervista ufficiale, Gaetano Grizzanti parla del valore del brand e di advertising in un momento, quello attuale, caratterizzato da una crisi generale che accresce la "voglia di diversificazione" anche tra le aziende che investono in comunicazione.

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Comunicare in tempi di crisi

In un'intervista ufficiale, Gaetano Grizzanti parla del valore del brand e di advertising in un momento, quello attuale, caratterizzato da una crisi generale che accresce la "voglia di diversificazione" anche tra le aziende che investono in comunicazione.

 

Attualmente non pochi ricercatori, studiosi e professionisti della comunicazione e del marketing ritengono che l'advertising classico stia imboccando una sorta di parabola discendente quanto a efficienza e efficacia, per cui in futuro le aziende dirotteranno una parte dei relativi investimenti in altri strumenti di comunicazione. Concorda con questa affermazione?
La mia personale opinione è che, più che riguardare il consumatore finale, la sensazione che l'advertising garantisca risultati in qualche modo inferiori rispetto al passato si stia diffondendo all'interno delle aziende. Complice anche il contenimento o addirittura la riduzione dei budget pubblicitari, si accresce presso i responsabili marketing la necessità di ottimizzare l'investimento in funzione dei ritorni ottenibili. In particolare, ci si rende sempre più conto di quanto sia dispersivo, sotto questo profilo, puntare sull'advertising senza aver prima affrontato in modo corretto l'identità della marca da comunicare. Questo non solo nell'ambito di una comunicazione consumer oriented, ma anche nell'area del B2B.

In questo contesto, quale ruolo deve svolgere la corretta gestione della brand identity? Con quali strumenti la si crea, sviluppa e difende? Se, quando e in che misura la si può porre come fondamenta su cui costruire l'intera strategia di marketing di un brand?
Come già accennato, prima di attivare qualsiasi attività di comunicazione, occorre definire al meglio l'emittente, sia esso brand, azienda o prodotto. In caso contrario, si rischia di non raggiungere compiutamente i propri obiettivi. Per quanto ci riguarda, ad esempio, noi sottolineiamo sempre il fatto che la costruzione di un brand è un processo complesso, da affrontare nel modo più completo. Si inizia a lavorare sui fattori e sugli elementi legati al marketing strategico e una volta definita l'identità - un'identità destinata a durare e a rafforzarsi nel tempo - diventa essenziale che tutta la comunicazione (media e non-media) sia improntata alla massima coerenza. Per alcune aziende questi concetti sono ormai stati compiutamente metabolizzati, per altre invece sono compresi solo in teoria e tradotti in fatti concreti con qualche difficoltà.

Se l'advertising viene sempre più spesso vissuto dal consumatore come invasivo, e quindi rifiutato e ignorato, in che modo le attività di comunicazione non-media possono evitare questo rischio? Relazione con il consumatore, punti di contatto con i singoli individui sono quasi dei mantra per i marketer di oggi: nella vostra esperienza come si può passare, in tale ambito, dall'enunciazione teorica alla realizzazione pratica?
Non credo che l'advertising abbia meno valore rispetto al passato. Le potenzialità dei mezzi, uno su tutti la televisione, non sono da mettere in discussione. Ciò che va invece esaminato criticamente è se e in che misura la pubblicità è coerente, in sintonia con l'identità della marca. Nella carta di identità del brand, infatti, sono presenti ben determinati valori e nessuno strumento di comunicazione, nessun canale può veicolare qualche cosa di differente e di contrastante rispetto ad essi. Ciò non toglie che le aziende abbiano sempre più a disposizione strumenti alternativi o complementari alla pubblicità classica a cui fare ricorso, strumenti che, se ben utilizzati in un progetto complessivo di comunicazione, sono in grado di fornire performance molto valide, anche sotto rapporto costi/risultati.

In conclusione, riassumendo, secondo voi quali sono i maggiori "problemi " di comunicazione che la marca deve affrontare oggi, e qual è il vostro approccio strategico per superarli?
Un problema che la marca si trova ad affrontare è quello dell'evoluzione del target, che oggi non si profila più secondo i tradizionali parametri socio-economici e culturali, ma si "traduce" attraverso un insieme di valori identificanti. Comunicando quindi quei determinati valori, individuati a monte nella strategia di branding, si andrà a raggiungere il target voluto. Un compito facile da descrivere, ma arduo da tradurre in pratica: molto spesso dalle indagini di mercato emergono caratteristiche troppo generiche, per cui si rischia di adottare valori così diluiti da risultare troppo poco identificanti, e quindi incapaci di "costruirsi" il target. La scelta iniziale dei valori identificanti è un fattore-chiave: la marca infatti va considerata come individuo, che si evolve, ma non cambia nel suo "io" profondo con il passare del tempo.
 

 

Intervista tratta da ADV, 27 dicembre 2006.