Il design di un logo di chi fa design

Chi progetta marchi deve avere un marchio?

 

È lecito domandarsi se sia utile o controproducente, per chi progetta marchi, proporsi sul mercato con un proprio logo. Il dubbio è effettivamente giustificato, facendo riferimento al rischio che un progettista incorre nell’identificarsi individualmente attraverso un simbolo connotante, il quale, agli occhi di un potenziale cliente, potrebbe determinare accettazione o rifiuto in funzione di un giudizio soggettivo ed estemporaneo.

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È lecito domandarsi se sia utile o controproducente, per chi progetta marchi, proporsi sul mercato con un proprio logo. Il dubbio è effettivamente giustificato, facendo riferimento al rischio che un progettista incorre nell’identificarsi individualmente - e quindi identificando il proprio operato - attraverso un simbolo connotante, il quale, agli occhi di un potenziale cliente, potrebbe determinare accettazione o rifiuto in funzione di un giudizio soggettivo ed estemporaneo.

La questione è spesso dibattuta nel settore: «...per me, designer di marchi per gli altri, è il caso di avere un simbolo che mi rappresenti?». C’è, quindi, chi sceglie di porsi in modo neutro dal punto di vista iconografico, con la propria identità visiva creata senza l’ausilio di alcun logo, puntando cioè solo sul nome proprio o dello Studio. Così facendo probabilmente trasmettono poco di sé o della personalità dello Studio, ma evitano giudizi basati prevalentemente sul gusto personale dell’eventuale committente. La decisione, dal punto di vista del business, può quindi prospettarsi molto difficile.  

Altri, invece, reputano necessario dare una chiara impronta di séper comunicare al mercato il proprio stile grafico, selezionando così la clientela in base a un genere estetico e comunicativo, col vantaggio, inoltre, di circoscrivere le aspettative e di ridurre le delusioni. Insomma, quando si parla di design ancora oggi ci si imbatte in un’ignoranza diffusa ma oltremodo legittimata sia dalla sempre più dilagante incompetenza da parte dell’offerta media sia dalla difficoltà oggettiva di giudicare la qualità di un progetto grafico da parte dell’utente.

Potrebbe quindi risultare aleatorio cercare le parole, da scrivere tra queste righe, per indicare i criteri con cui giudicare il design di un marchio, nonostante esistano solidi paradigmi per consentire a un progettista di essere un buon designer quali, in primo luogo, gli studi e la cultura, poi la tecnica, il senso estetico, la creatività, la ricerca e l’aggiornamento professionale. 

Va anche detto che spesso un progettista sente istintivamente il bisogno di disegnare un logo per se stesso, magari più o meno inconsciamente per appagare il proprio ego o per soddisfare il suo legittimo desiderio di esprimersi.